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Io sono Rohita, lo Tsunami in una Vita, di Gianfranco Maccaferri

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Io sono Rohita!

Sono nato nell’entroterra del paradiso terrestre però vivo nelle sue spiagge coralline.

Sono buddhista ma anche induista, un uomo libero ma anche un intoccabile, un cinquantenne cingalese ma anche un tamil.

Credo nella reincarnazione di tutti gli esseri viventi eppure a volte mangio della carne di animali e, subito dopo, ho la sensazione di essere un cannibale.

Io non ho un’anima!

Io ho un karma per il quale sono compassionevole nei pensieri, nelle parole e nelle mie azioni, ma a volte la mia ignoranza e il mio quotidiano non mi concedono di esserlo ed io mi perdo.

Sono eterosessuale.

Da adolescente mi sono confidato con un amico sulle alcune mie perplessità e lui mi ha rivelato che quasi certamente, in una vita precedente sono stato una prostituta considerato che in questa esistenza m’innamoro anche di altri uomini.

Che cosa rinascerò? Non posso saperlo oggi, ma immagino che dovrò rinascere ancora molte vite.

Sarei molto felice se mi reincarnassi in un mahout, l’uomo dedito all’orfanotrofio degli elefanti abbandonati, così la mia vita sarebbe consacrata alla cura di quegli enormi cuccioli rimasti senza la loro madre.

La realtà è che cinquant’anni fa mi reincarnai in un bambino che stava nascendo in Sri Lanka, l’isola definita il “paradiso terrestre” e questa è stata una grande fortuna...

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Descrizione

…E così io nacqui da una donna cingalese buddhista che si era innamorata di un uomo tamil indù. Della mia infanzia quasi nulla è interessante: vivevo in un villaggio tra Kandy e Nuwara Eliya. Poca scuola, pochi giochi e a otto anni andai ad aiutare mio padre nelle coltivazioni del tè. La mia mansione era di movimentare le foglie sui pianali di essiccazione. Ricordo solo il caldo necessario alla lavorazione delle foglie che si aggiungeva al caldo naturale, la mia fatica a utilizzare strumenti costruiti per uomini e non per i bambini, le ore interminabili facendo attenzione a non sbagliare, a non farmi male, a non deludere.

Per molti anni il tè è stato la mia vita e ne scoprii ogni segreto: le foglie normali da essiccazione per il tè nero che si può anche aromatizzare, le foglie più giovani da essiccazione forzata per ottenere il tè verde, le piccole e selezionate foglie per il tè “silver” (o bianco) e infine, privilegio di solo alcuni germogli particolari, un’essiccazione esclusiva per delle delicatissime foglie che diventeranno il tè “gold”, un tè talmente speciale che quasi nessuno conosce, anche per il prezzo paragonabile realmente a quello dell’oro.

Ero molto orgoglioso del mio sapere tutto sul tè, era l’unico argomento di cui sapevo parlare, di cui potevo discutere; il tè era davvero l’unica cultura che avevo, oltre ovviamente a quella della meditazione, del sopravvivere nella giungla, della filosofia di vita buddhista.

Quello che imparai dai monaci rispetto alla mia terra fu che nei secoli della colonizzazione, nell’entroterra collinare a circa seicento metri sul livello del mare, gli inglesi provarono a coltivare la vigna per produrre vino ma i risultati furono disastrosi. Poi scoprirono che il tè era la coltura più vantaggiosa e che meglio si adattava alla terra e al clima interno di questa isola che loro chiamavano Ceylon. I cingalesi, la popolazione maggioritaria dell’isola, non erano fatti per lavorare alle dipendenze schiaviste degli inglesi…

 

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Gianfranco Maccaferri nasce sotto il caldo sole della Libia; a dodici anni, da profugo, raggiunge la Valle d’Aosta. A ventiquattro anni  realizza la prima serie di mostre fotografiche con lo scultore Roberto Priod (Aosta – Reggio Emilia – Sarzana). A ventotto anni realizza la seconda serie intitolata “Les lienes du déstin” (Aosta – Annecy – Clermont); contemporaneamente partecipa a mostre personali e collettive tra cui: Forte di Bard – Galleria Diaframma di MIlano – Lahti Art Museum di Helsinki – Accademia Carrara di Bergamo. Testi critici sulle sue ricerche fotografiche sono stati scritti da Roberta Valtorta – Angelo Schwarz – Claudio Fontana – Attilio Colombo – Lanfranco Colombo. Oltre trenta sono i cataloghi di opere d’arte realizzati con sue fotografie, oltre che manifesti culturali e pubblicitari, cataloghi commerciali, copertine di libri. Oltre all’attività di fotografo si dedica alle proposte culturali di ricerca fotografica dei maggiori autori italiani e internazionali. A ventitré anni apre la prima galleria fotografica ad Aosta e a trentasei costruisce la Maison Valdotaine de la Photographie.

Organizza mostre fotografiche per diverse istituzioni.

A ventisei anni realizza la prima ricerca sulla storia della fotografia in Valle d’Aosta del periodo 1870 – 1940, con catalogo ed esposizione. A ventinove anni è docente di fotografia presso lo IED (Istituto Europeo di Design) di Torino che continua come incarico per quattro anni. Dai trenta ai trentatré anni organizza e realizza, con i più importanti fotografi italiani, “Viaggio fotografico” dedicato alla lettura e interpretazione del territorio valdostano. Per oltre quindici anni scrive molti testi critici e storici pubblicati su cataloghi e riviste specializzate. A trentotto anni si ritira dal mondo della fotografia e si dedica a ciò che offre la vita quotidiana.

Il suo lavoro prosegue, diverso, ma con soddisfazioni a volte sorprendenti: per esempio, con il Dipartimento Nazionale di Protezione Civile, in qualità di Responsabile editoriale, realizza un corposo vademecum stampato in sei milioni di copie; dedicandosi anche alla grafica editoriale, viene scelto per un progetto e realizza 25 copertine. Dal 2013 scrive racconti brevi pubblicati dal quotidiano online Gaiaitalia.com sulle cui pagine cura la rubrica di articoli “Il cercopiteco”.

“Io sono Rohita, lo tsunami in una vita” è il suo primo romanzo.

 

 

 

 

 

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